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THEIA

Aleksander staccò il contatto audio, e tornò con la mente alla sua patria. Il panorama lunare era di una meraviglia mozzafiato, sebbene la maggiore attrattiva per il giovane ingegnere fosse la bellezza commovente del proprio pianeta natale visto dal cosmo. Chiuse gli occhi e pensò a casa, la colorata arcologia di Nueva Tethys; la più elevata del Sistema Solare, a pochi klick dall'ascensore orbitale di Chimborazo. Era uno stupendo crogiolo di gastronomia, musica e cultura di tutta Europa, nella fascia tropicale meno inquinata della Terra.

Come spesso accadeva con la privazione sensoriale nell'immobile oscurità della notte lunare, chiudere le palpebre poteva significare un sonnellino non pianificato.
Alex si abbandonò all'abbraccio di Morfeo, e ai sogni della sua adolescenza.

Il Goliath sussultò, e Aleksander spalancò gli occhi, spaesato. Non gli servì il display della muta per confermare il proprio timore; il grande tondo blu, bianco e verde della Terra incombeva sul cielo nero della Luna: era piena notte.
Ripristinò il contatto sonoro con Mir con un gesto delle dita; sebbene la connessione risultasse ancora aperta, non vi erano segnali audio né video.
<<Brutto caprone... potevi almeno prenderti la briga di controllare se il regolite mi aveva fottuto il respiratore!>>
Silenzio. <<Mir?>>
Alex cercò con lo sguardo il Goliath di Miroslav alla destra della propria cabina, ma fu solo un'oscurità inattesa ad accoglierlo, la cui scoperta fu accompagnata dal tonfo interno del proprio battito cardiaco, in crescendo.
Il costone del versante settentrionale del Cratere di Tycho era franato.

Con un'abile gestione dei servomotori, Alex riaccese e ruotò il colosso minerario, e si spinse all'orlo della frana. Una discesa poco ripida si dipanava oltre le ultime tracce dei cingoli di Mir, per poi piombare in verticale verso il suolo; i fari a ugello del Goliath illuminarono a giorno tutta l'area. Un centinaio di metri più in basso la carcassa bianca e rossa della scavatrice del collega fece sobbalzare Aleksander per l'orrore di un simile incidente sul lavoro. Le sue mani esperte guizzarono verso la consolle di emergenza, ma l'ingegnere esitò. Attorno al Goliath fracassato, spirali cromate baluginanti di luce arancione delimitavano un'architettura incomprensibile, ma allo stesso tempo paragonabile alle antiche creazioni di Antoni Gaudì che erano fedelmente riprodotte nella sua arcologia natale; in maniera appena percettibile, quanto innegabile, le guglie fremettero, e Alex si rese conto che si stavano spostando verso nord, con le movenze striscianti di una larva.
<<E quelli... cosa diavolo sono?>> mormorò suo malgrado.
Mentre il ragazzo rimuginava sull'incomprensibile scenario davanti ai propri occhi, qualcos'altro colse la sua attenzione.
Le immobili distese lunari furono turbate da un lampo improvviso, simile al bagliore di un decollo interplanetario, sebbene non provenisse dallo spazioporto del Mare della Tranquillità.
Il punto luminoso, però, non si librò nello spazio come sarebbe stato ovvio per un velivolo; dalla stranezza di un decollo non autorizzato, si passò all'assurdità di un mezzo di superficie, lanciato a una velocità che avrebbe eclissato quella di un meteorite.
Non aveva alcun senso.